Modelli di leadership (seconda parte)
Teorie situazionali
In che modo la situazione influenza una buona leadership? Questo è il grande tema posto dai teorici che vedremo qui di seguito. Il loro obiettivo non è più quello di individuare le caratteristiche di un buon leader in assoluto, ma di scoprire in quali condizioni si manifesta meglio la leadership.
Ad esempio, quando è necessario prendere decisioni rapide, quale stile è il migliore? Quando hai bisogno del pieno supporto della tua squadra, c’è un modo più efficace per guidare? Un leader dovrebbe essere più orientato alle persone o orientato ai compiti? Queste sono tutte domande che le teorie di leadership situazionale cercano di affrontare.
Fiedler (1965)
Il primo modello che prendiamo in considerazione è quello di Fred Fiedler. Secondo questo modello, la situazione va valutata in base a:
- Relazione tra leader e follower (hanno fiducia l’uno dell’altro?)
- Struttura del compito (è un compito preciso e chiaro?)
- Posizione di poter del leader (quanto il leader è appoggiato dall’organizzazione in cui opera?)
Ciascuno di questi elementi viene valutato su una scala di 8 gradi e incrociato con la propensione del leader per il compito o per le relazioni. A seconda delle varie situazioni possiamo stabilire se è più efficace una leadership orientata al compito oppure una orientata alle relazioni (vedi immagine successiva).
Ad esempio, immagina di aver appena iniziato a lavorare in una nuova squadra sostituendo un leader molto amato che è appena andato in pensione. Stai guidando una squadra che ti guarda con diffidenza (quindi le tue relazioni con i follower sono scarse). Il compito che state svolgendo è ben definito (strutturato) e la tua posizione di potere è elevata perché sei il capo e sei in grado di offrire ricompense o punizioni al gruppo. Il leader più efficace in questo caso, secondo il modello di Fiedler, è quello che costruisce relazioni.
Immagina all’opposto di essere a capo di una squadra che ti ama e ti rispetta. Il progetto su cui state lavorando è altamente creativo (non strutturato) e la tua posizione di potere è elevata poiché, ancora una volta, sei in una posizione di forza. In questa situazione, uno stile di leadership incentrato sui compiti è più efficace.
Evans (1970) e House (1971)
Questi due studiosi elaborarono la “Path-Goal Theory”, una teoria basata sull’individuazione dello stile o del “percorso” che il leader deve tracciare per meglio adattarsi ai follower e all’ambiente di lavoro al fine di raggiungere un “obiettivo” (“path” e “goal” appunto). L’obiettivo è aumentare la motivazione, la responsabilizzazione e la soddisfazione dei follower in modo che diventino membri produttivi dell’organizzazione.
I follower interpretano il comportamento del leader in base alle proprie esigenze, ad esempio il grado di supporto di cui hanno bisogno, l’affiliazione, il livello percepito di abilità e il desiderio di controllo. Ad esempio, se un leader esercita più controllo di quello di cui i follower hanno bisogno, diventano meno motivati. Pertanto, un leader deve comprendere i follower per poterli motivare al meglio.
Superare gli ostacoli è un obiettivo specifico della teoria del percorso. Se un ostacolo diventa troppo grande, allora il leader deve intervenire e aiutare il follower a scegliere un percorso per aggirarlo.
In sintesi, il leader adatta il suo stile di comportamento al follower e le caratteristiche del compito in modo che la motivazione del follower sia quella di eccellere nel proprio obiettivo.
Questa teoria ha definito quattro stili di leadership:
- Direttiva: il leader informa i suoi follower su ciò che si aspetta da loro, su cosa devono fare. È più efficace quando le persone non sono sicure del compito o quando c’è molta incertezza nell’ambiente.
- Supportiva: il leader rende il lavoro piacevole per i follower dimostrando preoccupazione per loro, è amichevole e disponibile. È più efficace in situazioni in cui compiti e relazioni sono difficili dal punto di vista fisico o psicologico.
- Partecipativa: il leader consulta i follower prima di prendere una decisione su come procedere. È più efficace quando i subordinati sono altamente professionalizzati e coinvolti nel lavoro.
- Orientata all’obiettivo: il leader stabilisce obiettivi ambiziosi per i suoi follower, si aspetta che si esprimano al loro livello più alto e dimostra fiducia nella loro capacità di soddisfare questa aspettativa. È più efficace in ambienti di lavoro tecnici e scientifici, oppure in ambienti altamente competitivi come le vendite.
Hersey e Blanchard (1982)
La teoria della leadership situazionale di Hersey e Blanchard si basa su due pilastri: il comportamento del leader – che può essere orientato più al compito o più alle relazioni – e il livello di maturità dei follower. Queste due dimensioni si combinano a seconda delle situazioni dando vita a quattro stili di leadership che vengono così definite:
- Telling: il leader dice cosa fare ai follower. Questo stile prevale quando il gruppo non è maturo e ha scarsa abilità tecnica.
- Selling: il leader addestra e ascolta i follower. In questo caso il gruppo è maturo e motivato, ma ha scarsa abilità tecnica.
- Participating: il leader supporta emotivamente i follower. In questo caso il gruppo è preparato professionalmente, ma è insicuro o poco motivato.
- Delegating: il leader delega. Questo stile è attuabile quando il gruppo è maturo psicologicamente e professionalmente.
Nessuna delle quattro fasi può essere considerata come definitiva e a seconda dei casi la relazione leader-follower può passare da una fase all’altra anche nel corso di uno stesso compito.
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